La figura del wedding planner
nella letteratura e nel cinema italiano

Quando l'arte racconta chi orchestrava da sempre i "sì, lo voglio" prima che il mestiere avesse un nome
La figura del wedding planner nella letteratura e nel cinema italiano

Dedicato a chi ha appena iniziato questo mestiere e vuole capire perché, anche quando la chiamavamo “ruffiana” o “sensale”, la wedding planner italiana è sempre esistita

Ripensavo l’altro giorno ai matrimoni nei film italiani che ho visto crescendo. Quelle scene corali, a volte indimenticabili, dove ogni dettaglio era curato alla perfezione. Eppure non si vedeva mai chi organizzava tutto. Come se quei banchetti sontuosi, quelle chiese perfettamente addobbate, quei ricevimenti impeccabili nascessero per generazione spontanea.

La verità è che c’erano sempre loro: zie, madri, sorelle maggiori, vicine di casa fidate… con i loro quaderni pieni di appunti, la memoria infallibile per chi non poteva sedere vicino a chi, l’autorità indiscussa sulla disposizione dei fiori e la scelta del menu. Solo che non avevano un titolo in inglese e raramente venivano pagate.

Ecco. Forse è proprio da qui che dovremmo iniziare.

Da quelle figure femminili che già nei film di De Sica o nei romanzi di Moravia orchestravano nozze improbabili o sfarzose, pur non avendo mai sentito il termine “wedding planner”. Figure domestiche ma potentissime, come certi personaggi che sembrano marginali ma senza i quali non ci sarebbe storia.

E mi chiedo: quanto di quell’Italia, di quei personaggi, sopravvive nella professione che oggi abbiamo?

Il matrimonio nella letteratura italiana: quando la wedding planner era “la comare”

Ma partiamo dall’inizio. Carta e penna. O meglio, inchiostro e pergamena.

Ho riletto il Decameron quest’estate (sì, lo ammetto, per una sposa che voleva un matrimonio “medievale” – che poi medievale non è, ma lasciamo perdere). Nelle novelle di Boccaccio saltano fuori quelle che potremmo definire “proto-wedding planner”: donne – rigorosamente donne – che tessono le fila dei matrimoni altrui. Mezzane, le chiamavano. Sensali. Ruffiane, a volte. Ruoli che si muovevano in un’ambiguità sociale che oggi ci farebbe inorridire, ma che nascondevano un’autorità enorme.

E se saltiamo al Manzoni? Vabbè, per i Promessi Sposi il wedding planner sarebbe stato utile, eccome. Don Abbondio avrebbe apprezzato un professionista che se la sbrigasse al posto suo. Ma rileggendolo con occhi nuovi, Perpetua qualcosa di simile lo fa – non tanto organizzare, quanto mettere bocca e naso dappertutto. E non vi ricorda un po’ certe zie che a ogni matrimonio italiano diventano improvvisamente “direttrici d’orchestra”?

“L’ha detto la Perpetua!” ha urlato la mia cliente più snervante lo scorso maggio, citando il Manzoni mentre litigava con la suocera sull’ordine degli antipasti. Non l’ho corretta sul fatto che la citazione fosse sbagliata.

Mi fa impazzire come, scavando nei classici, trovi sempre l’eco di cose attualissime. C’è un passo bellissimo nel “Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa – un romanzo che rileggerei mille volte – dove la preparazione del matrimonio di Concetta diventa quasi una questione di stato. E chi se ne occupa, nei minimi particolari? La principessa Maria Stella, che sceglie i confetti, controlla le tovaglie, supervisiona i fiori. Wedding planner ante litteram, con tanto di crisi isteriche dei collaboratori incluse nel pacchetto.

Chi ha mai lavorato a un matrimonio siciliano sa esattamente di cosa sto parlando.

E sullo schermo? Quando il cinema italiano ha finalmente scoperto la wedding planner

Il cinema, ah, il cinema! Se c’è un posto dove il matrimonio italiano sfoggia i suoi colori più accesi è proprio lì, tra pellicole sbiadite e digitale 4K. Eppure – Dio santo! – quanta fatica per trovare un vero wedding planner nel cinema di casa nostra.

Vi ricordate il matrimonio in “C’eravamo tanto amati” di Scola? Un tourbillon di emozioni, tradimenti, risate amare. Ma chi organizza? La famiglia, punto e basta. O “Una giornata particolare” – il matrimonio è fuori campo, ma capisci che dietro c’è un apparato, ma di certo non una professionista pagata.

E che dire di quel capolavoro che è “Matrimonio all’italiana” (1964)? Sophia Loren splendida, Mastroianni indimenticabile… ma nessuna traccia di wedding planner. Il matrimonio è roba de casa, questione privata, al massimo c’è il parroco che fa da riferimento e la zia Rosina che tira fuori la tovaglia buona.

È successo qualcosa di strano, a pensarci bene. Mentre la letteratura italiana ha sempre avuto figure che “organizzavano” i matrimoni (anche solo combinandoli), il cinema le ha sostanzialmente ignorate per decenni.

L’ho capito un pomeriggio al MAXXI, quando hanno fatto una retrospettiva sul “matrimonio nel cinema italiano” e io, da nerd del mestiere, ci sono andata. Tre ore di proiezioni e la parola “wedding planner” non è apparsa nemmeno una volta in pellicole fino ai primi anni 2000. Eppure i matrimoni erano organizzati benissimo – chi diavolo lo faceva? Questo è il grande mistero italiano.

Vogliamo parlare della svolta? Sono sincera: dobbiamo ringraziare (o maledire, dipende dai punti di vista) “Il padre della sposa” del ’91 e “Prima o poi mi sposo” con J.Lo del 2001. Film americanissimi che hanno cambiato la percezione anche in Italia. D’un tratto, la figura del wedding planner diventa glamour, desiderabile, un po’ invadente ma necessaria.

Il nostro cinema ha assorbito questa influenza, ma – GRAZIE AL CIELO – l’ha italianizzata. E qui viene il bello.

Avete presente “Matrimoni e altri disastri” (2010)? Margherita Buy nei panni di Nanà che organizza il matrimonio della sorella incapace, tra crisi esistenziali e tovaglioli non coordinati? Ecco, quella è la perfetta transizione: non è una wedding planner professionista, ma si comporta come tale. È il nostro modo italiano di adattare un’idea americana: con improvvisazione, genio, e un leggero senso di inadeguatezza che però porta a risultati eccellenti.

“Tanto, alla fine, il matrimonio riesce sempre” – mi disse una volta una collega toscana. È la filosofia segreta di ogni wedding planner italiana, che il cinema ha stranamente colto alla perfezione.

La strana danza: vita e finzione che si rincorrono

C’è una cosa che mi fa impazzire quando guardo un film italiano con un matrimonio: penso sempre “ok, ma io come l’avrei organizzato?” È un deformazione professionale tremenda. Ma poi mi chiedo anche: quanto di quello che faccio io oggi è influenzato dai film che ho visto?

Un giorno ho chiesto alle mie colleghe quali film le avessero ispirate a diventare wedding planner. Risposta quasi unanime: “Prima o poi mi sposo”, il film con Jennifer Lopez. Non un film italiano, ma americano. E la seconda risposta? “Il diavolo veste Prada” – che con i matrimoni non c’entra niente, ma con lo stress organizzativo sì, eccome.

Mi sono sentita in colpa. Noi, wedding planner italiane, ispirate da film americani? E la nostra tradizione? Possibile che non ci fosse un modello cinematografico nostrano?

Ho proposto alle colleghe di guardare “Matrimonio all’italiana”. Qualcuna si è addormentata, ma alla fine la reazione è stata unanime: “Ma è IDENTICO a quello che succede oggi quando lavoriamo con famiglie del sud!”. Ecco, forse i film non avevano wedding planner, ma avevano già tutto il resto: le dinamiche familiari complesse, le tradizioni impossibili da ignorare, la necessità di diplomazia estrema.

La verità? Oggi la wedding planner italiana è una creatura ibrida, meticcia. Ha imparato l’efficienza e il marketing dagli americani, ma applica tutto questo a un substrato culturale profondissimo, fatto di tradizioni millenarie e sensibilità regionali.

Il risultato è qualcosa che il cinema non ha ancora rappresentato pienamente. Siamo più creative dei personaggi americani e più professionali delle “comari” dei film anni ’60.

I tre volti della wedding planner italiana (quella vera, non quella delle commedie romantiche)

Se dovessi fare una tassonomia spietata delle wedding planner che il cinema e la letteratura ci hanno consegnato, ne individuerei tre tipi. E attenzione: nessuna assomiglia a Katherine Heigl che corre con gli autoreggenti strappati per salvare un matrimonio che sta per andare a rotoli.

1. La Zia Onnipotente: la custode delle tradizioni che ti mette in riga

L’ho vista incarnata perfettamente da Lunetta Savino in “Mine Vaganti” di Özpetek – non organizza esplicitamente matrimoni, ma quando si tratta di eventi familiari, GUAI a contraddirla.

È la figura che nelle commedie italiane gestisce tutto: sa quale confetto scegliere, conosce la disposizione esatta degli invitati, ricorda a memoria chi è in faida con chi da tre generazioni. Non ha bisogno di tablet o telefoni: ha tutto nella testa e un’agenda sgualcita in borsa.

Una mia cliente l’anno scorso mi ha detto candidamente: “Avrei chiesto a mia zia di Benevento di organizzare tutto, ma è morte tre anni fa, quindi ho chiamato te”. Il complimento più bello mai ricevuto.

2. La Milanese Implacabile: elegante, efficiente e sempre al telefono

È l’evoluzione moderna della wedding planner italiana. Abiti di marca neutri, stile minimal, contatti in ogni angolo del paese. Parla tre lingue, ha un portfolio di location che faresti più velocemente a dire dove NON ha lavorato.

Nel cinema la intravediamo in personaggi come quello di Carolina in “Posti in piedi in paradiso” di Verdone. Rappresenta quella categoria di professioniste che si occupano dei matrimoni internazionali o dei VIP.

La riconosci perché:

  • Ha sempre un piano B, C e D
  • Non si scompone quando la sposa cambia idea per la 17esima volta
  • Ha un team di assistenti che comunica solo con auricolari
  • È in grado di risolvere crisi diplomatiche internazionali (tipo suocera milanese vs madre napoletana)

3. La Psicologa Mancata: più che matrimoni, gestisce traumi familiari

È la figura più contemporanea e forse la più italiana in assoluto. Nel cinema inizia a fare capolino in film come “È stata la mano di Dio” di Sorrentino, dove l’organizzazione del matrimonio diventa una sorta di percorso terapeutico collettivo.

È quella wedding planner che:

  • Ti ascolta parlare per ore delle tue insicurezze
  • Fa da mediatrice quando i tuoi genitori divorziati devono stare nella stessa stanza
  • Sa esattamente quando versarti un bicchiere di vino
  • Tiene a bada la tua amica tossica che vorrebbe rubarti la scena

Ho un’amica wedding planner in Sicilia che scherza sempre dicendo che ha “salvato più matrimoni prima della cerimonia che preti durante”. E non parla dell’evento, ma proprio dell’unione.

Lista spietata per sopravvivere come wedding planner in Italia (e imparare dai film)

Per chi è agli inizi, ecco i miei consigli non richiesti (ma fidatevi, vi serviranno):

  • Guardati “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto” – No, non c’entrano i matrimoni, ma Mariangela Melato e Giancarlo Giannini offrono un corso accelerato sulle differenze culturali Nord/Sud che ti tornerà utile in OGNI matrimonio italiano con invitati da più regioni.
  • Leggi “Vino e pane” di Silone – C’è un matrimonio contadino descritto così bene che ti sembra di sentire l’odore del grano. Ricordati che molte coppie oggi vogliono il “rustico autentico” senza avere idea di cosa sia davvero.
  • Fatti un archivio segreto di fotogrammi matrimoniali – Prendi scene da “Nuovo Cinema Paradiso”, “Pane e Tulipani”, “Mine Vaganti”. Non per copiarle, ma per capire come la luce, i colori, le inquadrature raccontano l’italianità meglio di mille parole.
  • Compra un registratore e intervista tua nonna (o qualcuna nata prima del 1950) sui matrimoni di una volta. Salvati quelle storie. Tra 5 anni le rivenderai come “experiences autentiche” a coppie americane.
  • Mandami al diavolo – La cosa più italiana che possiamo fare è contestare l’autorità e poi fare di testa nostra, riuscendo alla grande. Quindi ignora pure qualche consiglio di questa lista.

Il grande paradosso italiano: tra “così fan tutti” e “mai visto prima”

C’è una scena esilarante in “Puoi baciare lo sposo” (2018) in cui la mamma del protagonista (interpretata da Monica Guerritore) sente parlare di un matrimonio gay e dice: “Ma io il cuscino per le fedi come lo faccio? Rosa o azzurro?”. È il perfetto esempio del paradosso italiano: di fronte a una rivoluzione sociale, la prima preoccupazione è il galateo.

Qui sta il grande dilemma della wedding planner italiana contemporanea: è condannata a essere simultaneamente:

  • Quella che dice “ma si è sempre fatto così” quando serve rispettare la tradizione
  • Quella che dice “facciamo qualcosa di mai visto” quando serve distinguersi
  • Quella che sussurra “tranquilla, ci penso io” alla madre della sposa in crisi
  • Quella che manda messaggini in caps lock alle assistenti quando qualcuno è ubriaco

Organizzo matrimoni da tempo quasi immemore e ancora non ho capito come gestire questa schizofrenia professionale. So solo che funziona.

Fine (ma non è mai la fine)

Mi sono seduta a una panchina ai giardini, oggi. Davanti a me una coppia discuteva di centrotavola. Lui voleva qualcosa di “minimal”, lei insisteva sul “tradizionale ma non troppo”. Lui alzava gli occhi al cielo, lei sbuffava. Era così cinematografico che mi sono trattenuta dallo spianargli un preventivo.

Forse è questo il punto: noi wedding planner italiane non siamo mai state raccontate davvero bene nei film o nei libri, ma viviamo costantemente dentro storie che sembrano uscite da un copione.

Siamo le eredi delle comari, delle sensali, delle zie tuttofare. Siamo anche figlie dell’efficienza americana e del marketing internazionale. Siamo professioniste ibride, meticce, strane – ma indispensabili.

Quando un film o un romanzo italiano vuole raccontare un matrimonio, finisce sempre per raccontare l’Italia intera. Perché sposarsi qui non è mai solo un evento: è un affresco sociale, una dichiarazione politica, un manifesto gastronomico, un trattato antropologico.

Chi meglio di noi, navigatrici di questi mari tempestosi, può capirlo?

Chiudo con il consiglio più sincero che posso dare a chi inizia questo mestiere: non fate come nei film americani. Non seguite il copione. Non aspirate alla perfezione patinata.

Imparate a improvvisare come una zia siciliana, a mediare come un parroco di provincia, a risolvere problemi come una massaia degli anni ’50, a dirigere come un grande regista e a sorridere come una diva del cinema italiano quando tutto va storto.

Insomma, siate wedding planner italiane. Il cinema non ci ha ancora raccontate davvero, ma non importa.

Saremo noi a scrivere il copione.

firma Clara Trama presidente AIWP

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Clara Trama
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